Il piu’ antico atto della famiglia dei Conti degli Anguillara conservato nell’archivio notarile di Capranica – anno 1340

Ricordiamo -tra i numerosi atti conclusi dalla famiglia degli Anguillara contenuti nell’Archivio Notarile di Capranica, archivio conservato presso l’Archivio di Stato di Viterbo- il più antico documento rogato nell’anno 1340 dal notaio e poeta capranichese Ser Pancrazio di mastro Domenico[1]; è un atto con cui il Nobilis Vir Cecco figlio di Giovanni di Bonaventura della nobile famiglia dei Venturini di Roma[2] -che possedeva alcuni castelli già dal XIII secolo come metà del castro di Cerveteri, il piccolo castro fortificato di Santa Severa e il castro di Carcàri, un piccolo villaggio che decadde velocemente dopo la scoperta nel 1462 delle miniere di allume, da parte di Giovanni di Castro[3], nel territorio di Allumiere)- dichiara di aver ricevuto da Pucciarello di Corneto[4], procuratore del Conte Orso I degli Anguillara come dice l’atto, tanto denaro quanto vale la quantità di grano (rimanente) che Giacomo, figlio di Cecco di Giovanni di Bonaventura, deve ancora consegnare al Conte Orso e che promette di consegnare entro il 1° settembre, sempre restando fermo che il prezzo pattuito del grano (venduto da Cecco al Conte Orso) è pari a tre fiorini il rubbio[5]; l’atto è concluso nella rocca di Carcàri senza indicazione del mese e del giorno[6].

[1] Il notaio Ser Pancrazio di mastro Domenico (atti sopravvissuti dal 1339 al 1383) ci ha lasciato tre poesie d’amore (pubblicate nell’anno 2000 in “Italia Medioevale e Umanistica”, XLI, Editrice Antenore, Roma, pp. 139-178, dal prof. Fabio Carboni di Roma ma originario di Ronciglione, professore ordinario di Paleografia e Filologia Italiana all’Università de L’Aquila, uno dei soci fondatori del nostro Centro e purtroppo scomparso prematuramente il 10 dicembre 2017; la più bella e importante fra le tre poesie è la ballata che si intitola Poi da me ti partisti Covella dilicata, prot. 313 cc. 48r/47v) poesie d’amore scritte in volgare contenute in un suo protocollo, oggi inventariato con il n° 313 (carte 48r/47r), databili al 1340 in base al fatto che le tre poesie sono scritte sottosopra rispetto agli atti notarili del protocollo e in base al fatto che l’unico atto notarile che sia scritto sottosopra e che è attiguo alle tre poesie (carta 48v) è del 1340 ed è proprio l’atto di cui ci occupiamo nel nostro articolo.

Anche il padre mastro Domenico fu un notaio in Capranica sin dai primi anni del XIV secolo, anche se di lui non è sopravvissuto nessun protocollo e lo sappiamo in base alle notizie emerse nei protocolli trecenteschi sopravvissuti dell’Archivio Notarile di Capranica; inoltre anche il fratello Pietro fu notaio in Capranica e di lui sono sopravvissuti protocolli che vanno dal 1372 al 1392 ma prima delle nostre ricerche non si sapeva che Ser Pancrazio e Ser Domenico fossero fratelli e neanche che mastro Domenico fosse il padre di entrambi i notai (e queste sono due nostre scoperte d’archivio); ricordiamo che il titolo di “mastro” come il titolo di “Ser” erano utilizzati indifferentemente per indicare un notaio fra XI e XVI secolo.

[2] La famiglia dei Venturini, nella 1° metà dell’XI secolo, aveva il cognome di “Papareschi dei Guidoni”, famiglia che ebbe anche un Papa, Innocenzo II (1130-1143), nato a Roma nell’ultimo quarto dell’XI secolo. Questa famiglia poi assunse, nella 1° metà del XIII secolo, il cognome “De Cardinale” perché ebbero in questo periodo due Cardinali; successivamente, a partire dalla metà del XIII secolo, prese il cognome “Venturini” dall’ultimo capostipite, un certo “Bonaventura”, menzionato nell’atto in questione del 1340.

[3] Giovanni di Castro era figlio del più grande giurista della 1° metà del XV secolo, Paolo Serangeli (Castro 1360 ca. – Padova 1441), nativo di Castro nel Viterbese, detto Paolo di Castro.

[4] Pucciarello di Corneto (l’attuale Tarquinia) è menzionato anche in un atto del 1341 con il quale compra un carro di vino per la prossima futura vendemmia per il prezzo di un fiorino aureo; Pancrazio di mastro Domenico, prot. 313 cc. 45v/46r, atto del 30 aprile 1341.

[5] Quello che è riportato nell’atto rivela che ci deve essere necessariamente un precedente atto con cui Cecco vende una precisa quantità di grano al Conte Orso al prezzo di tre fiorini al rubbio; nello stesso atto ci deve essere dichiarata la quantità di grano consegnata e la quantità di grano residua non ancora consegnata. In questo secondo atto non ci sono i dati perché si deducono facilmente dal primo, che non conosciamo, ma che riteniamo rogato forse dallo stesso notaio. Si ringrazia per la difficile trascrizione dell’atto il prof. Giuseppe Giontella di Tuscania.

[6] Pancrazio di mastro Domenico, prot. 313 c. 48v, l’atto riporta solo l’indicazione dell’anno, il 1340, ma è antecedente al 1° settembre. Carcari si trova a circa km 15 da La Tolfa (RM), al cui territorio oggi appartiene, e a km 1,5 a nord di S. Severa. Il piccolo castro di Carcari con la rocca era quasi sicuramente una dipendenza della rocca di S. Severa e venne acquisito nel 1433, insieme alla rocca di S. Severa, dal Conte Everso degli Anguillara pagando 1.750 fiorini aurei al Papa Eugenio IV; per un approfondimento della storia del castro di Carcari vedi il saggio Carcari di Giuseppe Cola e Antonio Berardozzi, studiosi de La Tolfa, Società Tarquiniense di Arte e Storia, Bollettino n° XXVI, 1997.