Si riporta la trascrizione e la traduzione del più antico documento in cui è menzionato il castro di Ronciglione.
La trascrizione è inserita nel volume secondo (documento n° 128, pag. 41), edito nel 1901 dall’editore Adolfo Holzhausen, dell’opera di Ludovico M. Hartmann “Ecclesiae S. Mariae in via Lata, Tabularium” che contiene documenti dell’archivio di questa chiesa romana che vanno dall’anno 1051 all’anno 1116, mentre il primo volume, pubblicato nel 1895, comprende documenti che vanno dall’anno 921 all’anno 1045 e il terzo volume, edito nel 1913, contiene documenti che vanno dall’anno 1119 all’anno 1200; tutti e tre i volumi sono stampati a Vienna.
La chiesa di S. Maria in via Lata è di antica origine e più volte ristrutturata; intorno al V secolo in tale spazio si insediò una diaconia, con annesso l’oratorio, che fu il primo luogo di culto cristiano dell’area.
Tale ambiente sotterraneo si compone di diverse parti e vi misero mano anche Pietro da Cortona ed i suoi collaboratori all’epoca della ristrutturazione seicentesca. Fino a poco tempo fa nella cripta erano ubicati diversi affreschi medievali, staccati per ragioni conservative ed ora visibili presso il Museo della “Crypta Balbi”. In loco restano le riproduzioni di tali affreschi, alcuni marmi lavorati dai Cosmati e anche una colonna di marmo alla quale, secondo tradizioni medievali, sarebbe stato legato l’apostolo Paolo.
Tra il VII e il IX secolo vennero aggiunte le decorazioni della struttura inferiore, ora rimosse per ragioni conservative, di cui rimane il pavimento in stile cosmatesco.
La parte superiore venne edificata nel IX secolo; in occasione del suo rifacimento intorno al 1491 ad opera di Innocenzo VIII Cybo, che per memoria murò il proprio stemma nel fianco destro della chiesa, sulla via Lata, vennero rimossi i resti dell'”Arcus Novus” eretto da Diocleziano nel 303 e venne demolita la chiesa di San Ciriaco de Camilliano.
La chiesa -che per la sua posizione subiva, a volte, le inondazioni del Tevere- fu poi demolita e ricostruita nel 1639 da Cosimo Fanzago; la facciata, con colonne corinzie che dànno una forte spinta verticale, fu completata nel 1658-1660 su disegno di Pietro da Cortona; la chiesa, fin dalle sue origini era posta nella “Via Lata” cioè nella “Via Larga”, l’attuale “Via del Corso”.
Questa è la trascrizione dell’atto:
“+ In nomine domini. Anno III (= tertio)[1] pontificatus domno (= domino) Pasquali secundi pape (Regno dal 1099 al 1118), mense martius indictione undecima. Quoniam certum est nos Bona quae fuit uxor de Niro qui vocatur de Franco de Guido, una mecum insimul (= insieme) Guido et Iohannes et Constantia filii, filia mei, omnes insimul mater et fili(i) et filia cum consensum et consilio, havitatori (= habitatori, errore del notaio per havitatores) intro castello Rencilioni (sic), hac die praesenti cessisse et cessimus atque tradidimus nec non et venundavimus (sic) propria spontaneaque nostre voluntatis tibi Labinea veneravile (sic) ancilla dei atque abatissa de veneravile monasterio sancti Ciriaci de urbe Roma tuisque successoribus.
Idest petias de vinea cum terra sementaricia inbice cui ipsa binea (sic) cum introito et exsito suo et cum omnia sivi pertinentibus. Possita (sic) in fundo Morterilla qui est inter affine(s) a primo latere fossatu qui per tempora plubia haqua per eo curri, a secundo latere binea de supradicto monasterio, a tertio et a quarto latere terra de ipse monasterium. Unde recepimus pretium id est solidi quattuor de dinarii qui vocatur de Lucca boni quali modo secundum bono moribus recipiuntur innomnem (= in omnem, errore del notaio per in omne) vera decessione.
De praesenti introeundi abendi, tenendi, fruendi, possidendi in supradictum monasterium relinquendi stare et defendere promittimus innomni loca (= in omni, errore del notaio per in omnibus locis) et innomni (= in omni, errore del notaio per in omne) placito et innomni (errore del notaio per in omne) persona et, si minime fecerimus, componituri nos promittimus cum heredibus nostris tibi tuisque successoribus supradictum pretium in duplum et post soluta pena hac venditionis cartula in sua maneat firmitate. Et quam scribenda rogabimus Azzo datibus et tavellio (= notaio) de castro Casamala, mense et indictione supradicta.
+ Signum manum supradictae et Guido et Iohannes et Constantia qui a charta scribere studuerunt.
+ Crescentius qui vocatur Bona hanc charta rogatus testis scribere studui.
+ de Rufine qui fuit rogatus et petitus teste.
+ Miccinu(s) filiu(s) Crescentius (errore del notaio per Crescentii) qui vocatur de Simio teste.
+ Ildigellu(s) qui vocatur Ornetu(s) teste.
Ego Azzo datibus et tavellio de castro Casamala complevi et absolvi.
Ego Paulus Petri Angeli + Andree Mathei sacre prefecture iudex et notarius, sicut inveni in quodam publico instrumento (scripto) per Azzum datibum tabellionem de castro Casamala, ita de verbo ad verbum nil adito nec diminuto fideliter exemplatus sum et meum signum apposui consuetum”.
Traduzione:
” In nome del Signore. Anno terzo (o quarto) del pontificato del Signor Pasquale Secondo, Papa, mese di marzo, indizione undicesima. Dal momento che è certo, noi, Bona che fu moglie di Niro (Nero e Rosso erano dei nomi di battesimo nel Medioevo) che è chiamato (cioè è figlio di) Franco (e nipote di) Guido, insieme (= insimul) a Guido e Giovanni e Costanza, figli e figlia miei, tutti insieme, madre e figli e figlia, con il consenso e il consiglio (reciproco), abitanti dentro il castello (= castro) di Ronciglione, in questo presente giorno ha ceduto (Bona) e hanno ceduto (i figli) e hanno consegnato (tradidimus) e anche abbiamo venduto con la propria e spontanea nostra volontà a te Lavinia, e ai tuoi successori, venerabile ancella di Dio e Abatessa del venerabile monastero di San Ciriaco della città di Roma dei pezzi di vigna con terra da seminare con il suo ingresso e uscita e con ogni pertinenza, vigna posta nel fondo “Morterilla” che è tra i confini: dal primo lato il fossato, (……), dal secondo lato la vigna del sopraddetto monastero, dal terzo e dal quarto lato la terra dello stesso monastero.
Perciò riceviamo il prezzo che è di quattro soldi buoni di denari di Lucca secondo i buoni costumi che sono assunti in ogni vero passaggio (di proprietà).
Dal presente (giorno, la vigna) è da far entrare, da far avere, da far tenere, da far fruire, da far possedere al sopraddetto monastero permettendo di stare (nella proprietà) e promettiamo di difendere (la proprietà venduta) in ogni luogo e in ogni giudizio e nei confronti di ogni persona e, se non faremo nulla di tutto questo, noi promettiamo, con i nostri eredi, a te (Lavinia) e a i tuoi successori di comporre la controversia pagando il doppio del prezzo (di vendita) e, dopo pagata la pena, questo atto di vendita rimanga in vigore.
E la quale cosa scritta (= l’atto) abbiamo rogato Azzo, datore (dell’atto) e tabellione (termine altomedievale, di origine romana, per indicare “notaio”) dal castro di Casamàla (antico castro medievale situato tra Ronciglione e Caprarola).
+ Segno di mano della sopraddetta (Bona) e di Guido e Giovanni e Costanza.
+ (Segno di) Crescenzio, che è chiamato da Bona, come testimone di questo atto.
+ (Segno) di Rufina (soprannome maschile) che fu annotato e chiamato come testimone.
+ (Segno di) Miccino, figlio di Crescenzio nipote di Simio, testimone
+ (Segno di) Ildigello, figlio di Orneto, testimone.
Io Azzo datore (dell’atto) e tabellione dal castro di Casamàla scrissi e portai a termine (l’atto).
Io Paolo di Pietro (nome del padre) di Angelo (nome del nonno paterno) + di Andrea (nome del bisnonno paterno) di Matteo (nome del trisnonno paterno), giudice e notaio della Sacra Prefettura -come realmente ho preso conoscenza in tale istrumento (= atto) pubblico (scritto) da Azzo datore (dell’atto) e tabellione dal castro di Casamàla, così di parola in parola, nulla aggiunto né diminuito- fedelmente ho trascritto e apposi il mio “signum” (= segno notarile) consueto”.
Un commento finale in merito a questo atto del notaio Azzo da Casamàla: innanzi tutto si tratta di una copia dell’atto originale scritto per mano del tabellione Azzo visto che il giudice e notaio Paolo di Pietro dice chiaramente di aver preso visione dell’atto scritto da Azzo che ha fedelmente trascritto e poi sulla copia ha apposto il suo “signum” notarile; inoltre la presenza di un notaio, già nell’anno 1102-1103, in un piccolo castro come Casamàla, che non avrà fatto, nel momento di massima espansione, più di mille abitanti è una testimonianza di come fossero presenti notai, nel XII secolo anche in tutti i castri che andranno a far parte della provincia del Patrimonio del Beato Pietro in Tuscia, costituita nell’anno 1198 da Papa Innocenzo III.
E’ chiaro che la figura del notaio fosse indispensabile sin dalle origini quando si costituiva un nuovo villaggio, per cui dobbiamo ritenere che a Ronciglione possa essere esistito un notaio sin dalla metà dell’XI secolo circa, quando si ritiene che questo castro sia stato fondato ma, purtroppo, come è avvenuto in tutti i Comuni della provincia di Viterbo, i protocolli notarili del X-XII secolo sono andati tutti perduti e solo in rari casi abbiamo ancora, in taluni castri come Viterbo e Orte, documenti che partono dal XIII secolo.
Per quanto riguarda Ronciglione, il suo Archivio Notarile, conservato presso l’Archivio di Stato di Viterbo, inizia dall’anno 1465 con gli atti del notaio Francesco de’ Netti ma tutti i protocolli precedenti sono andati persi per sempre anche per la mancanza di una attenta conservazione del suo antico Archivio Notarile almeno fin dal XVI secolo ma questo è un discorso che vale per tutti i castri dello Stato Pontificio.
Prof. Carlo Maria D’Orazi
[1] Forse anno IIII (quarto) non è chiaro nel documento originale.